di Ario Corapi
Ormai da mesi l'Università italiana sta vivendo, per via della Riforma Gelmini approvata di recente, una fase di profondo cambiamento che ne condizionerà (in negativo) la struttura e l'andamento per il futuro.
Il caso più eclatante è quello dell'Università degli Studi di Torino che ormai da mesi è alle prese con una "gatta da pelare" che riguarda l'approvazione del nuovo statuto dell'Ateneo.
Dopo l'approvazione del "disegno di legge Gelmini" sulla riforma universitaria avvenuta in Parlamento a dicembre 2010, presso l'Ateneo torinese è stata istituita una Commissione Statuto con il compito di elaborare ed approvare il testo del nuovo statuto conforme con la riforma universitaria; nonostante la Commissione Statuto sia attiva da gennaio/febbraio e il Ministero dell'Università e della Ricerca abbia dato la chiara direttiva di approvare il nuovo statuto entro giugno 2011, l'approvazione dello statuto pare essere ancora in alto mare a causa di un continuo gioco-forza, interno alla commissione, che vede protagoniste da una parte "studenti e ricercatori" e dall'altra "docenti ordinari,dirigenti,baroni e rettore", infatti visti i ritardi dei lavori il ministero ha concesso all'Ateneo torinese una proroga di 3 mesi per approvare ufficialmente il nuovo statuto (quindi fino a settembre 2011).
Attorno alla questione statuto ed ai lavori per l'approvazione di esso vi sono dei misteri, delle scorrettezze e delle anomalie che è doveroso segnalare: 1) perchè da qualche mese a questa parte i verbali delle riunioni della Commissione Statuto non vengono più resi pubblici? 2) perché il Rettore dell'Ateneo, Enzo Pellizzetti, continua a voler imporre a tutti i costi uno statuto che regoli gli organi di rappresentanza (specie a proposito del Senato Accademico) a beneficio dei baroni e a scapito delle altre categorie (studenti, docenti non ordinari o associati, ricercatori a tempo determinato, ecc.)? 3) perchè le alte cariche dell'Università di Torino, a differenza del Politecnico di Torino e dell'Università di Bologna, continuano a rifiutare l'ipotesi di indire un referendum a suffragio universale interno all'Ateneo per l'approvazione ufficiale e l'entrata in vigore del nuovo statuto?
Sulla formazione del nuovo Senato Accademico il Rettore insiste perché venga composto da: 35 membri di cui 26 docenti (9 fra Direttori di Dipartimento e il resto docenti ordinari) invece di 24 come nel vecchio statuto, 5 rappresentanti degli studenti (invece che 6 come nel vecchio statuto) e 3 tecnici amministrativi (invece di 4) tutto per avere un maggiore potere di controllo sul Consiglio di Amministrazione dell'Ateneo in cui la metà dei membri dovrebbero appunto essere nominati discrezionalmente dal Senato Accademico; non ci vuole molto per capire che tale proposta porterebbe benefici e privilegi soltanto ai baroni e ai loro lacchè a scapito degli studenti, dei docenti associati e dei ricercatori precari.
E' ovvio che la parte composta dai poteri forti dell'Ateneo, capeggiata dal Rettore Pelizzetti, sta facendo tutto l'ostruzionismo possibile per compromettere i lavori della Commissione Statuto e per fare in modo che lo statuto non venga approvato nemmeno entro settembre, costringendo di fatto il ministero a commissariare l'Ateneo dopo settembre per poi imporvi uno statuto voluto solamente da Roma che lascerà senza voce in capitolo la parte rappresentata dagli studenti e dai ricercatori precari (che alla fine dei conti rappresentano la maggioranza fra coloro che frequentano l'ambiente accademico e lo vivono intensamente).
La verità è che i poteri forti dell'Università di Torino continuano a respingere l'ipotesi di indire un referendum a suffragio universale interno all'Ateneo perchè temono lo stesso risultato dell'Università di Bologna, dove lo statuto-diktat imposto dall'alto agli studenti e ai ricercatori è stato nettamente bocciato con oltre 2000 voti contro.
Il Rettore Pelizzetti e i suoi amici baroni, con la complicità del ministero di Roma, stanno imponendo all'Università di Torino un'organizzazione strutturale piramidale tipica della grandi aziende private che sta portando di fatto - come in tutta Italia - allo smantellamento dell'Università pubblica e sta facendo perdere ad essa la propria ragion d'essere, ossia, quella di "Tempio della Conoscenza".
Gli studenti, i ricercatori a tempo determinato e i docenti associati rappresentano la maggioranza dei componenti dell'Ateneo e quindi mi sembra ovvio che costoro abbiano diritto ad un più ampia rappresentanza possibile presso organi di rappresentanza importanti come il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione dell'Ateneo e inoltre visto che l'approvazione del nuovo statuto dell'Ateneo procede in maniera così difficoltosa mi sembra altrettanto ovvio che l'ultima parola spetti ad un eventuale referendum a suffragio universale in cui rettore, dirigenti, docenti ordinari, docenti associati, tecnici amministrativi, ricercatori e studenti debbano esprimere la loro opinione in merito all'accettazione o meno del nuovo statuto; tutto questo affinché l'Università resti pubblica e continui ad essere ciò che è sempre stato, ossia, un luogo di cultura, di conoscenza, e di formazione e in modo che non diventi un feudo dei baroni, dei burocrati di turno e della "mafie accademiche".
Ario Corapi
Università degli Studi di Torino
Facoltà di Scienze Politiche
Nessun commento:
Posta un commento