tratto dal sito de LA STAMPA
su segnalazione della nostra associata
Margherita Di Pinto
14/10/2012
- inchiesta
Palazzo Nuovo, il paradosso delle aule
L’aula 38 di Palazzo Nuovo alle 15,30 di mercoledì 10 ottobre.
Studenti in ogni spazio disponibile, sugli scalini della cattedra e
all’esterno della sala
Gremite le sale piccole, vuote quelle più grandi. “I docenti rifiutano lo scambio per questioni d’onore”
ELISABETTA GRAZIANI
torino
Aule «pollaio», sito internet non funzionante, bagni senza sapone o
carta igienica. Impietoso lo squarcio aperto dal dibattito sul web tra
gli iscritti di Lettere e Filosofia. Negli ultimi anni nulla è cambiato
nei corridoi di Palazzo Nuovo. E gli stessi problemi, come studenti
seduti per terra o sulle scale a seguire le lezioni, si ripropongono
identici nella sede appena inaugurata di Giurisprudenza e Studi
politici.
Se il grado di civiltà di una città si misura anche attraverso il
livello dei servizi offerti all’istruzione, Torino non sta bene. Almeno
per le facoltà umanistiche. La denuncia parte dagli studenti: «Perché le
tasse universitarie europee sono più basse di quelle italiane a fronte
di servizi didattici, residenziali e igienici incomparabilmente
superiori?».
«A Lipsia si pagano 200 euro l’anno e tutto funziona – protesta
Margherita Di Pinto, secondo anno a Filosofia -. Qui come nel nuovo
campus capita di essere in 220 in aule da 170, o 500 in locali da 200.
Non possiamo seguire le lezioni perché restiamo fuori dall’aula e non
sentiamo o non riusciamo a scrivere».
A Palazzo Nuovo si assiste allo spettacolo quotidiano di corsi
sovraffollati in spazi striminziti e, al contrario, lezioni seguite da
pochi studenti nelle aule più grandi, semivuote. Alle spalle non solo
cattiva organizzazione. Dietro le incongruenze c’è una rete di relazioni
tra insegnanti. A scoperchiare il vaso di Pandora è Luciano Allegra,
docente di Storia Moderna a Lettere. In risposta alla sua allieva Di
Pinto che chiedeva un cambio di aula, il professore usa parole dure.
Le aule
«Non è possibile fare scambi - scrive - Le aule sono occupate. E
anche se gli studenti di un altro corso sono pochi, non sarebbe
fattibile: il relativo docente valuterebbe la proposta come una
diminutio del suo onore». E, riferendosi al passato: «I baroni, quelli
veri, anche se avevano quattro studenti non ritenevano dignitoso fare
lezione se non nelle aule più grandi». Una condizione, quella degli
studenti, definita «vergognosa», in cui «viene indubbiamente violata una
parte dei loro diritti».
L’elenco fatto dagli studenti è lungo: «Sito internet dell’università
non funzionante e impossibilità di iscriversi agli esami; corsi
concomitanti per cui si è costretti a non frequentarne alcuni; aule
prive di supporti per scrivere; riscaldamento eccessivo o assente; bagni
sporchi; professori che non si presentano a ricevimento e non
avvisano». Eppure le tasse si pagano: la prima rata è di 495 euro; la
seconda, calibrata sul reddito, può arrivare a 2000.
L’accusa
Dietro il colabrodo di Palazzo Nuovo, secondo il professor Allegra,
c’è «una cattiva amministrazione che va avanti almeno dagli anni 90».
«Ci sono squilibri fortissimi tra le Università italiane nella gestione
dei servizi, eppure la ripartizione dei fondi stanziati da Roma è
equanime – specifica -. E Torino, in quanto “virtuosa’” rientra fra
quelle che ricevono di più».
Quindi cosa non funziona? «Le nostre non sono lamentele fine a se
stesse – dice Margherita Di Pinto -. Non chiediamo l’impossibile. Siamo
qui, dispiaciuti e rassegnati, a chiedere ciò che ci spetta di diritto:
ambienti sicuri, corsi interessanti da poter seguire liberamente, sito
web facile da gestire, bagni decenti. Insomma, i servizi che ogni
struttura dovrebbe mettere a disposizione di chi, come noi, paga».
Alleghiamo, col suo consenso, anche una dichiarazione di Margherita Di Pinto.
Tutto è partito da me
che avevo inviato una mail al professore di Storia Moderna per un
cambio di aula (causa aula troppo sovraffollata). Sono riuscita a
mettermi in contatto ocn una giornalista de La Stampa e ho collaborato
insieme a lei per la realizzazione di un articolo in grado di esprimere
il malcontento generale che si respira in facoltà, probabilmente mi
citerà (insieme al professore che si è reso molto disponibile)
sull'articolo.
Le scrivo qui di seguito le stesse cose che ho scritto alla giornalista per fare in modo che capisse bene ciò che noi studenti delle facoltà umanistiche vogliamo esternare, almeno in parte:
"Ci tengo solo a precisare (dato che mi citerai) che le mie, le nostre non vogliono essere "lamentele" fini a se stesse, ma vorremmo davvero farle per vedere poi qualcosa di concreto. Vivere in un ambiente sicuro (perché è lì che ci passiamo la maggior parte del tempo) e vedere sistemate le strutture che ci ospitano prima di crearne delle nuove. Tengo a precisare che io parlo di quello che vedo e sento quotidianamente, non di cose di cui non saprei da dove partire. Ribadisco semplicemente il disagio che si vive all'interno dell'università, in modo proprio concreto. Non pagassimo potrei anche capire, ma dato che paghiamo in modo regolare, vorremmo almeno un luogo sicuro e ben attrazzato in cui stare. I caratteri dei professori magari non si cambiano, ma un luogo sicuro è di diritto. Perché in altre città italiane ci sono università in buono stato? O perché nella stassa città o regione ci sono buone università, dotate di ogni "comfort" e altre che sono da "buttare"? E' questo che non capiamo. Perché dev'essere così difficile (e a volte impossibile) creare una buona università. Perché far tagli all'istruzione, in fondo è qui che la gente si forma. E' nelle scuole che le persone vedono, sentono, imparano, crescono. Il luogo che ci ospita è quello che vediamo ed è anche quello che ci forma. Dobbiamo crescere avendo una buona considerazione di noi stessi, noi siamo il futuro. Siamo il mondo che ci circonda. Noi siamo tutto: l'economia, la poesia, il sapere, la cucina, il divertimento, la rabbia, l'ignoranza e l'intelligenza. Noi siamo tutte queste cose e tutte queste cose si formano soprattutto nelle scuole. Io credo che le scuole siano lo specchio del nostro paese (il chè è tutto dire), quindi dovrebbero imparare a tutelarci e a tutelare le strutture scolastiche. Alla fine non siamo qui a chiedere l'impossibile. Siamo qui, dispiaciuti e rassegnati, a chiedere ciò che ci spetta di diritto: ambienti sicuri, aule ben accessoriate, corsi interessanti da poter seguire liberamente, sito internet facile da gestire e ben funzionante, bagni accessibili. Insomma, i giusti servizi che ogni struttura dovrebbe mettere a disposizioni di chi, come noi, paga. Tutto qua. Alla fine non chiediamo nulla di assurdo o fuori dal comune. Vogliamo solo "semplicità". Con delle basi solide poi possiamo raggiungere ulteriori obbiettivi, mi auguro. Ma è giusto fare un passo alla volta, usando la mente e usando anche il cuore. Se non ci metti passione e forza di volontà in quello che fai, non arriverai mai da nessuno parte. Il silenzio e il menefreghismo sono le armi più temibili, forse addirittura peggio delle mitragliatrici, e ce lo insegna anche la storia. Quindi tutto quello che speriamo è questo, tutto quello che chiediamo è un'Università di cui essere orgogliosi.
Vorrei passasse bene come messaggio. La base è il rispetto, che deve essere presente sia da parte nostra che da parte loro. Nulla di più. Non pretendiamo che ci venga offerto il tè delle cinque. Ci basterebbe quel "poco" che manca per sentirci tutti Re e Regine delle nostre università.
Spero sia passato il messaggio."
Dunque mi auguro che si possa smuovere la situazione al più presto. Ciò che è giusto è giusto.
Le scrivo qui di seguito le stesse cose che ho scritto alla giornalista per fare in modo che capisse bene ciò che noi studenti delle facoltà umanistiche vogliamo esternare, almeno in parte:
"Ci tengo solo a precisare (dato che mi citerai) che le mie, le nostre non vogliono essere "lamentele" fini a se stesse, ma vorremmo davvero farle per vedere poi qualcosa di concreto. Vivere in un ambiente sicuro (perché è lì che ci passiamo la maggior parte del tempo) e vedere sistemate le strutture che ci ospitano prima di crearne delle nuove. Tengo a precisare che io parlo di quello che vedo e sento quotidianamente, non di cose di cui non saprei da dove partire. Ribadisco semplicemente il disagio che si vive all'interno dell'università, in modo proprio concreto. Non pagassimo potrei anche capire, ma dato che paghiamo in modo regolare, vorremmo almeno un luogo sicuro e ben attrazzato in cui stare. I caratteri dei professori magari non si cambiano, ma un luogo sicuro è di diritto. Perché in altre città italiane ci sono università in buono stato? O perché nella stassa città o regione ci sono buone università, dotate di ogni "comfort" e altre che sono da "buttare"? E' questo che non capiamo. Perché dev'essere così difficile (e a volte impossibile) creare una buona università. Perché far tagli all'istruzione, in fondo è qui che la gente si forma. E' nelle scuole che le persone vedono, sentono, imparano, crescono. Il luogo che ci ospita è quello che vediamo ed è anche quello che ci forma. Dobbiamo crescere avendo una buona considerazione di noi stessi, noi siamo il futuro. Siamo il mondo che ci circonda. Noi siamo tutto: l'economia, la poesia, il sapere, la cucina, il divertimento, la rabbia, l'ignoranza e l'intelligenza. Noi siamo tutte queste cose e tutte queste cose si formano soprattutto nelle scuole. Io credo che le scuole siano lo specchio del nostro paese (il chè è tutto dire), quindi dovrebbero imparare a tutelarci e a tutelare le strutture scolastiche. Alla fine non siamo qui a chiedere l'impossibile. Siamo qui, dispiaciuti e rassegnati, a chiedere ciò che ci spetta di diritto: ambienti sicuri, aule ben accessoriate, corsi interessanti da poter seguire liberamente, sito internet facile da gestire e ben funzionante, bagni accessibili. Insomma, i giusti servizi che ogni struttura dovrebbe mettere a disposizioni di chi, come noi, paga. Tutto qua. Alla fine non chiediamo nulla di assurdo o fuori dal comune. Vogliamo solo "semplicità". Con delle basi solide poi possiamo raggiungere ulteriori obbiettivi, mi auguro. Ma è giusto fare un passo alla volta, usando la mente e usando anche il cuore. Se non ci metti passione e forza di volontà in quello che fai, non arriverai mai da nessuno parte. Il silenzio e il menefreghismo sono le armi più temibili, forse addirittura peggio delle mitragliatrici, e ce lo insegna anche la storia. Quindi tutto quello che speriamo è questo, tutto quello che chiediamo è un'Università di cui essere orgogliosi.
Vorrei passasse bene come messaggio. La base è il rispetto, che deve essere presente sia da parte nostra che da parte loro. Nulla di più. Non pretendiamo che ci venga offerto il tè delle cinque. Ci basterebbe quel "poco" che manca per sentirci tutti Re e Regine delle nostre università.
Spero sia passato il messaggio."
Dunque mi auguro che si possa smuovere la situazione al più presto. Ciò che è giusto è giusto.
Margherita Di Pinto
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